Oggi celebro il #ComingOutDay con una riflessione dal mio punto di vista, di professionista che eroga un servizio alla comunità in cui vive. Ecco cosa penso:
- penso che essere se stessi e se stesse nei contesti sanitari non sia sempre facile, anzi; troppo spesso è una strada sbarrata, impraticabile;
- penso che invece di mettere in capo alla persona la scelta di dichiarare il suo orientamento sessuale o la sua identità di genere, dovremmo essere noi professioniste e professionisti (della salute!) a pensare, prevedere, includere e nominare le sfaccettature di identità di genere, ruolo di genere e orientamento sessuale;
- penso che se facciamo prima tutto questo, allora poi un coming-out non sarebbe un “dichiararsi”, “venire fuori”, né sarebbe sentito come necessario per essere visto/a, come a dire “guarda che esisto anche io”;
- penso che se facciamo prima tutto questo, allora poi un coming-out sarebbe solo un “raccontarsi”, come a dire “tu mi vedi e io mi sento previsto, accettato/a”.