22 maggio 2017
Pochi giorni fa ho scoperto una nuova emozione. Un’emozione fatta di calore-calore corporeo, quello unico che viene dal contatto con un altro corpo-corpicino, e tenerezza materna.
E’ l’emozione del portare.
Portare un esserino piccolo, “piccolo e nuovo”, che guarda il mondo abbracciato(a) da un tessuto che lega e crea un universo.
La prima sensazione è stata di libertà:
andare per le strade, attraverso le porte, su e giù dalle scale con la libertà e l’agilità delle gambe che camminano, non trovano ostacoli e portano nel mondo, me e lei.
Un senso effimero di onnipotenza, superpotenza, che fa sentire invincibile, indistruttibile. Immaginando il cammino della vita penso che sarei pronta ad affrontare tutto e tutti, accompagnarla, darle quel calore e quel senso di protezione che le permetterà di sperimentare, avventurarsi, crescere, sicura della presenza, della vicinanza.
Così bardate nel caldo di maggio, ci avviamo lungo marciapiedi dissestati e stretti, tra macchine accaldate che si fermano volentieri a lasciarci passare e ci guardano; sorridono.
Mani nelle mani scopriamo le altalene, le panchine, gli scorci sul fiume.
Incontriamo sguardi dubbiosi, confortanti, compiacenti, curiosi; li superiamo verso altre vie, altre piazze, sempre più in là.
Noi due, io e lei, io con lei.
Io con lei. Portare è stata un’esperienza potente per me che non sono madre. Si ripete quotidianamente creando una sintonia con un esserino che imparo a conoscere e ho voglia di proteggere, rassicurare e scaldare in un modo che tra gli adulti è dimenticato e che i piccoli ci insegnano a riscoprire. Portare in fascia, in marsupio, davanti, dietro, rivolti al mondo, rivolti a chi porta, in ogni caso portare.